Ritorno alla carotona: GT1290 MY 2019


Tre anni fa scrivevo

Se uscisse una nuova release della 1290GT sarei molto tentato di riprenderla

e, tant’è, l’ho ripresa! Eccomi approdato al Model Year 2019.

Come ho trovato la mia SuperDuke 1290GT model year 2019 al momento del ritiro

Avendo fatto avanti&indietro mi pare corretto rivalutare i concetti che avevo espresso ai tempi, per verificarne obiettività e coerenza. Innanzitutto sentenziavo che la 1290GT è

una grande, grande moto. Una tourer potente, agile, con una tenuta di strada notevole e di struttura solida. […] Ma […] i problemini non sono mancati. Nessuno realmente un deal breaker.

eppure… magari nessun problema in sé è stato terribile, ma la somma di tutti ha fatto sì che il deal breaking avvenisse, visto che mi sono esasperato al punto di scambiarla per una BMW R1200RS. E le considerazioni che portavo, non appena barattata, erano essenzialmente di tre generi.

Primo:

banalmente che la GT è tanto più potente della RS […]. La RS ha quasi sicuramente tutti i cavalli che mi servono, ma ciò non toglie che avere nel taschinoi 160 della S1000R o i 180 della 1290GT sia un altro pianeta.

Diciamo che anche sul MY 2019 la sensazione di potenza illimitata rimane. La mappa Sport andrebbe ribattezzata God mode: on, per cui niente ti sembra impossibile e nessuna manovra irrealizzabile. Anche se la coppia non arriva subitissimo, appena sopra il minimo, con la castagna che tanto adoro, i cavalli a disposizione sono assolutamente abbondanti ed esagerati per le mie capacità. Grazie al motore di ricerca di InSella sono andato ad estrarre le moto con almeno 128,70Kw (per gli amanti delle equivalenze: 175 CV italiani o 173 HP britannici) e a oggi a listino possiamo scegliere tra una dozzina di moto che, trascurandone le varie derivazioni, (per esempio HP4Race per la BMW RR o V4 25° 916 per la Panigale o la Claudio per la F4 et cetera), vado a suddividere nelle due tipologie. Nove supersportive: Aprila RSV4, BMW S 1000RR, Ducati Panigale, Honda CBR 1000RR FireBlade, Kawasaki Ninja ZX-10R, MV Agusta F4, Norton V4, Suzuki GSX-R 1000, Yamaha YZF R1. Tre naked: Aprilia Tuono V4, MV Agusta Brutale 1000 SerieOro e naturalmente KTM SuperDuke 1290R. Non troppo diversamente da tre anni fa abbiamo il consueto quartetto di 1000cc quadricilindriche giapponesi da sparo (CBR, Ninja, GSX ed R1), più le loro concorrenti teutoniche (BMW RR) o da boutique inglese (Norton) o italiane (RSV, F4 e Panigale), con rispettive versioni nostrane scarenate (Tuono e Brutale, cui potrebbe aggiungersi la StreetFighter V4 a breve). Non vedo bicilindriche né tanto meno delle sport-tourer o tourer o crossover o qualsiasi altra bestia che non sia di stampo pistaiolo. Nulla ha tanta potenza unita a leggerezza. Certo c’è la 1290R, ma di questo comunque accennerò nel seguito.

Secondo:

KTM è una moto ben fatta, ma per solidità ed affidabilità la metto comunque dietro BMW e forse anche Triumph […]. La RS è semplicemente una moto sulla quale sali, e tutto sembra al suo posto, dove ha senso sia, e se ti deve portare a Capo Nord ti sembra possa farlo senza troppi intoppi […]. Come accoglienza sul mezzo, sulla GT la posizione è quella che più mi piace (seduto sopra, braccia e spalle che sovrastano l’avantreno…) ma quella della RS è più tourer (seduto dentro, semi-manubri e più protetto dal cupolino) […].La R1200 è più finitae completa.

Risalendo a distanza di tre anni sulla GT ho riprovato, al contrario, le identiche sensazioni: ci si sta assolutamente sopra, si domina il manubrio e, specialmente nello stretto, ti porta ad una guida fisica, quasi motardistica, cioè seduta molto avanzata, spalle incombenti, gomiti avanzati e nei tornantini vien voglia di buttarla giù anziché scendere in piega col proprio corpo. Questo inevitabilmente significa rinunciare qualcosa in termini turistici, ovvero minor comodità della seduta, posizione meno protetta o riparata e meno distesa. Anche alle voci solidità ed affidabilità viene a mancare quell’effetto no-nonsense che provi con BMW, quella sensazione che in linea di massima tutto sia stato dimensionato correttamente, tutto sia nella posizione in cui ha più motivo pratico di essere, tutto sia prodotto nel materiale di cui dovrebbe essere; poi ovviamente non è così, ma il feeling che trasmette è quello. La KTM no, anche se come scriverò dopo è migliorata di un passo enorme.

Terzo:

la tenuta. La 1290GT è una bomba da pieghe, e il concetto è che, per quanto sia la variante Gran Turismo, ti possa portare tra i cordoli alla grande. La RS trovo abbia un avantreno più esilino, e mentre la WP da 48mm sulla austriaca non ha mai esitato con me, ho già messo in crisi un paio di volte la forca da 46mm della BMW. Invece ho dato con piacere l’addio all’anti-dive.

Se tutto è in ordine la KTM è una lama: dove la metti resta, e taglia giù la curva che è una libidine. Per sua conformazione il territorio naturale di caccia si trova nel medio raggio veloce e nei curvoni, dove la moto viene impostata nella traiettoria giusta e… BANG!percorri il tutto come una palla di fucile. E puoi farlo con un’impostazione ginocchio a terra oppure, ed è quella che preferisco, spingere forte su pedane, testa in avanti e all’interno, ginocchio e gomito all’infuori, spalla interna verso lo specchietto. Nel misto stretto dice ancora la sua, ma nello stretto-stretto chiaramente inizia ad accusare e, anche guidata à la motard come scrivevo sopra, non riesce a fare la differenza abissale rispetto, ad esempio e per restare in famiglia, una 990SM o una Duke 690. D’altro canto mica si può avere una all-rounder perfetta – e poi dove non arriva l’agilità si supplisce con la brute force di una cavalleria infinita.

Catarticamente questo ritracciamento del percorso mi pare confermi la consapevolezza della scelta. Anche se… anche se a fine 2018 avevo venduto la R1200RS con l’unico obbiettivo di acquistare la R1250RS! D’altronde non mi ero trovato affatto male sulla RS, che continuo a considerare una fantastica moto. Ma siccome sembrava che, pur ordinandola e pagandola immediatamente, non fosse in consegna se non a luglio (a 200+ giorni) una voce dentro di me ha domandato sommessamente “Ma preferisci restare a piedi fino a forse metà estate prossima, o azzardare se davvero in KTM hanno fatto un lavoro decente e migliorato la GT che tanto ti piaceva?”. Be’, la risposta è stata che il 10 gennaio ero dal dealer KTM e che una decina di giorni dopo mi trovavo, mappa Rain e con selle e manopole riscaldate, in giro per una glaciale Milano.

Se tre anni fa avevo elencato le caratteristiche salienti della GT, adesso ritengo sufficiente concentrarsi sulle principali differenze di questo MY.

Una MY2019 a confronto con il modello precedente – foto CycleNews

A livello di motore abbiamo una variazione modesta seppur concreta, all’unità termica, che guadagna le valvole in titanionuove camere di risonanza. I cavalli rimangono 175 all’albero [1] a 9.500rpm, la coppia si smussa da 144 a 141nm sempre a 6.750rpm ed il rapporto di compressione è 13,6:1, il tutto resta Euro4 e non Euro5 (forse un bene?!). E abbiamo differenze elettroniche, legate a riding modes e compagnia cantante. A titolo ripasso debbo ricordare che è presente l’MTC, Motorcycle Traction Control o semplicemente TC, che lavora tagliando il gas (chiudendo la farfalla dell’EMS Keihin con RbW) nel caso in cui la piattaforma inerziale Bosch 9ME rilevi determinate condizioni e la ruota fonica posteriore inizi a girare più velocemente della anteriore – in altre parole se, tramite un algoritmo, reputa che stia pattinando la ruota dietro per perdita di aderenza a causa magari di un’accelerazione sproporzionatamente brusca, a maggior ragione se in piega. La mia MY 2019 è dotata anche dell’MSR, Motor Slip Regulation, che apre leggermente il gas quando il posteriore gira più lentamente del posteriore in scalata; poiché in questa fase vi è già l’assistenza della frizione antisaltellamento PASC, l’intervento avviene tipicamente quando il rapporto basso ingranato è già innestato, ma il freno motore resta eccessivo rispetto alla superficie poco aderente. Lo scorso inverno è entrato in azione in un paio di occasioni (svincolo autostradale sotto la pioggia e strisce pedonali umide) e ne ho apprezzato l’utilità. MSR ed MTC sono disinseribili solo in tandem, ed ha un senso perché uno è l’antagonista dell’altro: per KTM o vuoi entrambi o nessuno dei due. Comunque a dirla tutta l’optional MSR era disponibile anche per il MY 2016, ma per me è una novità perché ai tempi non avevo acquistato i codici KTM di sblocco del software. Sinceramente non ricordo se sia una novità anche Non è una novità, se non per me, l’HHC, Hill Hold Control, che questo giro ho buttato dentro; non è in ogni caso un granché, e magari può tornare utile nelle manovre in forte pendenza a chi non è altissimo e non tocca bene terra, sempre a condizione di aver prima trovato la giusta confidenza con questa funzione visto che non sempre è una sensazione gradevole quando lasci deliberatamente arretrare la moto favorito da una discesa, e senti che la moto si blocca, azionando autonomamente il freno posteriore (fino a cinque secondi). Ma la nuova diavoleria fondamentale, rispetto al MY 2016, è il TrackPack, che ricomprende l’AWM, Anti Wheelie Mode, per poter andar via di penne come i ragazzini, l’LC, Launch Control, per le partenze a razzo, ed il Track Riding Mode. Quest’ultimo cambia opportunamente la grafica della dashboard per un uso in pista, aumenta ancora di più la risposta dell’RbW (a Mattighofen la chiamano extreme direct response) e permette di aggiustare il TC su nove livelli (slips), o azzerarlo. L’MSR dovrebbe invece disattivarsi. Il Track Pack è però da pagarsi a parte, come optional.

Sembra di avere un iPad mini sulla moto, ma questa strumentazione è comunque una figata

Tutta questa elettronica è resa accessibile grazie ad… altra elettronica, ossia allo schermo TFT Bosch da 6.5” di diagonale. Ha un indice di leggibilità molto buono, nonostante l’abbia ricoperto fin dal primo chilometro con una pellicola protettiva di SpeedoAngels. Passa automaticamente dal contrasto giorno/notte in funzione della luce ambientale, è ben configurabile, intuitivo e riporta tutte le informazioni di cui si possa necessitare. È integrato con tre canali Bluetooth, perciò permette di gestire simultaneamente la connessione con uno smartphone, l’interfono del pilota ed un secondo interfono, del passeggero, per poi lavorare su tre funzioni. La prima è quella del telefono, per cui, se qualcuno chiama sullo smartphone, la telefonata appare sulla dashboard e si può gestire con i comandi al manubrio (rispondi, regola il volume, declina/riaggancia); KTM ha deciso che può andar bene rispondere al telefono, ma non iniziare una telefonata, probabilmente perché giudica la ricerca in rubrica o la composizione del numero come troppo distraente, e perciò rinvia al comando vocale del proprio interfono. La seconda è quella dell’audio, cioè di riproduzione di file musicali dallo smartphone, mostrando sulla dashboard la canzone che sta riproducendo e gestendola sempre con i comandi della moto (play/pause, rewind/forward e regolazione del volume). Infine la terza è quella legata alla navigazione, che KTM chiama MyRide e ho testato come app di iOS (non tema chi ha Android perché esiste anche la versione per l’OS Google): sulla app si scaricano mappe delle varie nazioni, si impostano itinerari (anche con diversi waypoints intermedi), si possono salvare e richiamare (ma non importare o esportare) e poi il tutto viene riprodotto con mappa pittografica sulla dashboard, assistita dalle indicazioni vocali via interfono. MyRide non è un granché, anche se infinitamente meglio di niente. Con poco sforzo penso avrebbero potuto riprodurre anche sul TFT la mappa cartografica che c’è sull’app, anziché quella pittografica. D’altronde dare un’occhiata alla cartina e vedere la sequenza di curve di una strada di montagna che non si conosce è un piccolo lusso che apprezzavo molto sul Navigator V (alias Garmin) di cui era provvista la mia R1200RS. Sulla GT posizionare un navi è abbastanza poco pratico, perché l’unico punto sensato è il castello dei risers manubrio, disponendo però il navigatore in una posizione molto bassa, per la quale, specialmente calzando un casco con mentoniera, bisognerebbe chinare il capo perdendo di vista la strada. Manca un traversino sopra al TFT, al quale poterlo fissare ottimamente (come usa sul 1290 SuperAdventure per esempio) – qualche ardito con buone capacità manuali è riuscito a fabbricarsi delle staffe artigianali da fissare sotto la strumentazione. Mi pare giusto menzionare che non tutti gli interfoni sono compatibili con la LC8 Dashboard; ad esempio i vecchi CellularLine InterPhone, Sport/Urban ed antecedenti, non lo sono per il 100% delle funzioni, ed io posso invece garantire, avendoli testati, che Sena SRL, Cardo Freecom+ e Midlan BTX1Pro lavorano senza problemi. Per concludere le novità della dashboard va citato che è abbinato il keyless ride, ovvero lo sblocco e l’accensione del quadro senza chiave meccanica; quest’ultima (gigante…) oltre a contenere il transponder serve per la serratura che apre il sottosella e, se presenti, per le borse laterali optional, mentre il tappo carico carburante si apre senza chiave meccanica.

La moto è keyless sì, ma la “key” che devi comunque tenere in tasca è gigante!

L’altro reparto importante oggetto di intervento è la SCU, Suspension Control Unit per regolare le semi-attive WP. Il nuovo firmware SCU infatti adesso si basa su algoritmi aggiornati, e la campionatura delle informazioni avviene con una frequenza maggiore, triplicata rispetto a prima. Dopo che KTM si è assicurata la vendita dei primi lotti produttivi della MY 2019, ha comunque autorizzato i dealers ad apportare questo upgrade gratuito anche ai modelli precedenti – l’hardware infatti è invariante. Con questa modifica cambia anche l’intervento, a me inviso, dell’anti dive. Infatti ora l’antiaffondamento in staccata esiste solo nella configurazione Comfort, mentre Street e (come prima) Sport non lo prevedono; meglio ancora sarebbe stato avere l’attivazione dell’anti dive separata, in modo da potervi ricorrere a prescindere dal setting delle sospensioni. Nel complesso migliora il reparto assetto, ma la verità è che anche il modello precedente era eccezionale. Sicuramente il tutto resta sbilanciato sulla sportività nel binomio sport/touring, perché comunque rimane (fortunatamente) un asse da stiro anche in Street. Certo è che se si sognava una moto comoda per il turismo, allora meglio la R1250RT, perché la GT è confortevole solo rispetto ad una supersportiva o una streetfighter.

Altra miglioria fondamentalmente software è il QS+, QuickShift plus, ovvero il cambio senza frizione anche in scalata e non solo salendo di rapporto.

Il blocchetto destro, che adesso ospita anche i comandi del cruise control

Per concludere la carrellata di ciò che riguarda l’elettronica: sono stati ripensati i comandi a blocchetto, principalmente spostando a sinistra la levetta del cruise control, che prima era poco razionalmente posizionata dal lato della manetta. Adesso mi pare nel complesso che i comandi siano intuitivi e funzionali, persino smontando da una BMW, che reputo regina in quest’ambito.

A livello di forma gli interventi hanno interessato unicamente l’anteriore, lasciando inalterato il resto della moto. Più di tutto è cambiato il frontale, che ora ha fari full LED a doppio rene ed un parabrezza migliorato aerodinamicamente e regolabile, se necessario anche con una sola mano, su nove posizioni. Di certo è più protettivo, ma ovviamente non sarà mai come stare riparati sulla citata BMW RT né, lo ripeto, si deve pretenderlo da una GT.

Gli elementi nuovi: faro a doppio rene, bianchetti serbatoio, parabrezza e paramani

Come si nota nella foto sono stati aggiunti dei paramani [2], belli e pare lungamente studiati in galleria del vento, e i nuovi fianchetti del serbatoio presentano all’interno un cassettino porta-oggetti per lato. Ciascuno è davvero striminzito e, nella ribaltina a scomparsa, a sinistra dovrebbe alloggiare uno smartphone (con tanto di spessore per non farlo sbatacchiare a destra&manca, nonché presa USB per alimentarlo) mentre a destra può starci un Telepass (le radiofrequenze filtrano) e poco altro. Gli scomparti non sono stagni, perciò se si lava la moto o se piove a secchiate, va tenuto presente che l’acqua vi si infiltra.

Lo scompartimento a scomparsa sinistro, con iPhone e cavetto USB
Nel cassettino di destra può stare un pacchetto di fazzoletti e poco più

Necessariamente è mutato anche il castello che sorregge la strumentazione, così come la cover centrale del serbatoio in quanto, con l’avvento del keyless, non deve più ospitare il blocchetto della serratura. La sensazione generale è quella di un anteriore molto imponente e tozzo, con un’analogia degli anni ’80 rispetto ad una SuperDuke R mi dà l’idea della relazione tra l’XT600 e la versione Ténéré col serbatoio da 30 litri. Sulle linee in sé della 1290 non ho molto da aggiungere perché credo dipenda dai giusti; a me non fanno impazzire, e trovo la versione R incredibilmente più sexy (forse più di tutte nella edizione EICMA 2012), però l’estetica meno affascinante e qualche chilo in più sono lo scotto da pagare per avere incredibili comodità rispetto alla sorella naked. Avessi ancora trent’anni avrei optato per la R ad occhi chiusi.

Come tre anni fa le borse laterali sono state una jattura. Intanto perché alla consegna c’erano le borse, ma non le cover colorate. Perché? Misteri di KTM, e ho girato per quasi due mesi (fino al 14 marzo) senza, con la plastica nera in bella vista. Poi le borse, a parte la diversa verniciatura delle cover, erano identiche a quelle di tre anni fa, e per tanto afflitte dalle stesse problematiche di chiusura imperfetta. Pare che verso aprile in KTM (o in Shad – per l’utente è indifferente) si siano dati una svegliata ed abbiano iniziato a consegnare moto con un terzo aggancio, opportunamente disposto nella parte anteriore della borsa. Chiesta la sostituzione in garanzia il 7 luglio, cambiate il 1 agosto con quelle nuove a tre attacchi (solo i primi due attacchi restano sotto serratura). Specifico “con quelle nuove” perché KTM per tre anni è andata avanti a sostituire borse in garanzia, ritirando le versioni difettate e rimpiazzandole con quelle… altrettanto difettate! Per altro un mesetto prima di chiederne la sostituzione gli adesivi in rilievo, complice il gran caldo, avevano iniziato ad “arricciarsi” e scollarsi. C’è chi invece ha avuto problemi con il nottolino della serratura. Insomma: il tutto di qualità medio/bassa, non all’altezza del mezzo.

Le borse consegnate senza la cover verniciata
L’adesivo 3D con il logo KTM inizia ad “arricciarsi”, lasciando scoperto l’incavo della borsa
Come per le precedenti (visto che sono identiche…) anche queste borse non chiudono bene
Ecco le nuove borse, modificate. A destra si nota il terzo aggancio

Se le borse laterali sono erano rimaste una fregatura, la qualità globale sembra minimamente migliorata. Ad esempio sul MY 2016 il perno di azionamento della stampella laterale mi si era spezzato al quarto giorno – adesso invece è su da più di sei mesi e pare non destinato a cedere nel breve. I devioluce ed i comandi in generale (specialmente lato destro) mi paiono migliorati, al di là del nuovo cruise control, ma il giro-cavi è rimasto inestetico. Il meccanismo del parabrezza, OK migliorato, eppure trasmette una sensazione di “platicosità”, e sarebbe stato fico fosse comandato elettricamente anziché a mano. Un boomerang la verniciatura nera super lucida, sulla quale si creano micro-righe anche solo a sfiorarsi con un panno di cucciolo di daino. Ed anche la verniciatura, bellissima, arancione dei cerchioni è incline a rovinarsi. Gli altri materiali per adesso non hanno rivelato le difettosità del MY 2016: le conchiglie dove si aggrappano le borse laterali erano in ordine e le parti anodizzate (piastre sterzo) per ora sono rimaste nere. Il grave difetto che avevo all’Exhaust flap control motor (o alla valvola allo scarico in sé, o ai cavi Bowden, o al suo firmware di gestione, o quel che è) non si è manifestato, per lo meno nei primi 1.000 km – dopo i quali ho piallato via tutto, e buona notte al secchio. È rimasto l’handicap alla tromba del clacson, che suona davvero poco sia per la povertà della tromba in sé, sia per la posizione cioè imbelinata, bella al caldo, nel convogliatore destro.

Altri motociclisti hanno lamentato vari piccoli problemi che non ho fortunatamente ravvisato sul mio esemplare. C’è stato chi ha avuto problemi con il TPMS (viene rilevato con alert la pressione bassa anche quando a manometro è OK), con il sensore dell’olio (temperature impazzite o incoerenti), con il TFT da sostituire perché ciocca (c’è un sensibile lag tra l’accensione della moto e l’accensione dello schermo, che nel frattempo resta nero), più una serie di problemi verosimilmente legati all’aggiornamento software [3].

Altre due preoccupazioni che sembrano essere rimaste ad arrovellare i proprietari dei modelli di GT precedenti, tentati dal cambio al MY 2019, ho rilevato essere la posizione e l’aerodinamica nonché l’emissione di calore. La posizione di guida mi pare sia rimasta davvero identica, ed ottima come scrivevo a proposito della tenuta, mentre la protezione aerodinamica è migliorata pur non potendo garantire il massimo del riparo proprio a causa dell’impostazione di guida – come dicono a Genova “sciûsciâ e sciorbî no se pêu”. E in quanto all’emissione di calore fino ai 25°C ambientali trovo sia trascurabile quando in marcia, verso i 25/30°C inizia ad avvertirsi calore specialmente sotto i 50 km/h, mentre quando il meteo si orienta al sub-sahariano effettivamente il caldo che vien su è bello intenso; non tanto nella zona sottosella, quanto più per le gambe, ed in particolare quella destra, ossia dal lato dove ci sono le due ventole di estrazione. Vero è che ci sono dei convogliatori dalle ventole che dovrebbero spingere l’aria bollente lontana dalla gamba, ma si soffre in ogni caso, specialmente se non si indossa abbigliamento tecnico. Facciamo pace con noi stessi: non è che se, come mi è capitato, con 40°C giri con un bicilindrico centrale atomica da 1.300cc tra le cosce e sei in pantaloncini, scarpe da barca e senza calze ti puoi aspettare di avere refrigerio mentre sei fermo al semaforo rosso…

Comunque sia il ritorno al carotone, dopo 6 mesi e 6.000km percorsi, fa rima con estrema soddisfazione. Gli aggiornamenti seguiranno nel diario di bordo.

[1] InMoto di agosto 2019 ad una prova al banco ne ha registrati poco meno di 165 alla ruota.

[2] Giusto per nota: i paramani sono arrivati più di un mese dopo la consegna della moto; infatti tutte le moto consegnate fino a fine febbraio ne erano sprovviste.

[3] Per esempio che rendono indisponibile (a seconda dei casi) il comando delle manopole riscaldate, o il Launch Control indisponibile, o lo Slip Control, o l’intero Track Pack.


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