Un orologio per certi versi trascurato negli ultimi tempi ha il pregio di avere un identità molto ben definita e porta con sé un carretto di storia e tradizione: è il flieger.
Si tratta di un tipo di pilot, inteso ampiamente come orologio da personale aereo, con determinate specifiche rigide, addirittura “ministeriali”. Infatti nella seconda metà degli anni ’30 l’RLM (abbreviazione per il Reich Luftfahrtsministerium, cioè il ministero dell’aviazione dell’impero tedesco) approvò uno strumento di bordo per la Luftwaffe, cioè il Beobachtungsuhr.
In italiano diremmo che è un orologio da navigazione (aerea, non marina), impiegato nella definizione ed il controllo delle rotte aeree e calcolo delle relative tempistiche. Questa dotazione, da polso, era di corredo non tanto per uso esclusivo quanto più da impiegare con comodità di colpo d’occhio e come alternativa (o verifica) nel caso di guasto dell’orologio dell’apparecchio. Ogni orologio era affidato al personale di volo prima di ciascun decollo, non prima di essere stato sincronizzato con l’ora del Deutsche Seewarte di Amburgo, per poi essere restituito a fine missione. In questo senso non erano orologi “dei” piloti, ma autentici equipaggiamenti in dotazione per la missione.
Le indicazioni dell’RLM
I B-Uhren, come sono chiamati per rapidità rispetto all’esteso Beobachtungsuhren, erano quindi soggetti ad un capitolato rigido cui i fornitori del Reich dovevano adattarsi. Vediamo i requisiti previsti.

La cassa, notevolissima di dimensione con diametro da 55mm, in ottone o acciaio in finitura grigia, aveva il fondello a pressione; quest’ultimo doveva riportare tipo di movimento (Bauart), numero di produzione (Gerät-Nummer), numero del movimento (Werk-Nummer), numero d’approvazione d’ordine (Anforderz) e produttore (Hersteller). La grandezza era giustificata dal fatto di facilitare la lettura dell’ora, pur rimanendo proporzionato indosso poiché veniva abitualmente portato sopra la manica del giaccone da aviatore così da consultarlo senza smanacciare sull’abbigliamento. Inoltre i 55mm consentivano di alloggiare più agevolmente calibri da orologi da polso, più accurati – per esempio l’A.Lange&Söhne ospitava una meccanica da 48mm.

La corona, dalla grossolana zigrinatura, era a forma lievemente cilindrica (a cipolla) o più conica (a diamante); questo in modo da poter accedere alla complicazione dell’arresto dei secondi (appunto estraendo la corona) anche con indosso gli spessi guanti, e regolare in rapidità l’orario al secondo di precisione. Sia cassa che corona non avvitate erano due caratteristiche che non aiutavano certo la resistenza all’acqua, ma il B-Uhr era un orologio pensato per viaggiare in aria, non in immersione – o almeno ci si augurava di non doverlo testare ammarando!
Le ore 12 dovevano essere rappresentate da un triangolo equilatero con un pallino (dot) a sinistra ed uno a destra, e questo permetteva di capire ad una primissima e fugace occhiata quale fosse il giusto orientamento dell’orologio e la posizione relativa delle sfere. Da rammentare che una delle ipotesi iniziali era di aggiungere i marcatori “ad angolo orario” – adottati ad esempio dal Lindbergh Hour Angle di Longines.
Agli indici, su quadrante nero, vi dovevano essere numeri arabi, tranne appunto il 12, e provvisti di materiale luminescente, tipicamente impiegando 226Ra, isotopo del radio, e così anche le tre sfere affinché, persino nel buio totale, si potesse leggere nitidamente l’ora.
Una prescrizione tecnica era quella di utilizzare una spirale Breguet, quindi lievemente più costosa di una piana, più spessa (ovviamente) e meno banale da manutenere, ma anche più precisa e più resistente ai campi magnetici e agli urti. Ai tempi non era previsto l’impiego di sistemi di ammonizzazione anti urto, che erano stati brevettati in Svizzera in quegli anni e immagino ancora poco diffusi.
Sulla cassa, tipicamente lungo il bordo, i B-Uhren dovevano recare la marcatura Fl.23883, che era un codice stante per Flug 23 (“pilota osservatore”) e 883 (approvato dal Deutsche Versuchsanstalt für Luftfahrt). Il codice 22 era invece destinato al “controllore volo” e il 25 al “controllore radio”. La regolazione era compatibile con la definizione di cronografo, ed avveniva su 6 posizioni a tre temperature d’esercizio diverse con un obbiettivo di arrivare a -3 secondi / +3 secondi al giorno di errore.
Il cinturino era in cuoio molto spesso, rivettato, e molto lungo – ricordando che doveva essere bastante non solo a coprire la circonferenza di un polso, ma di una mancia di un giaccone pesante!
Come B-Uhren vennero adottati due layout standard di quadranti. Il primo, diffuso fino al 1941, era il Baumuster A cioè Type-A, ed era un semplicissimo quadrante nero, con i sessanta indici e i dodici maggiori con numeri arabi (tranne il 12, a triangolo). L’altro, Baumuster B cioè Type-B, aveva invece le dodici ore arabe indicate lungo altrettanti punti di una circonferenza interna, ed i minuti, di cinque in cinque, indicati al posto delle ore (tranne i 60 minuti, sostituiti dalla abituale freccia ancorché senza i due dots). In Germania esistevano ovviamente anche dei flieger con la complicazione cronometro, cui spesso ci si riferisce Type-C (casualmente come Cronometro…), che però non sono i tradizionali B-Uhren ma cronometri da polso per piloti. Restando nel nazionale si trattava per lo più di Tutima a Glashütte e di Hanhart a Schwenningen, senza contare le alternative svizzere come quelle di Longines, Omega ed IWC.
Sia Type-A che Type-B avevano bene o male tutti sfere di particolarità, che in questo seconda versione erano più evidenti a cogliersi. Infatti la spada delle ore arrivava esattamente sui markers interni dei dodici segni orari, la spada più affusolata dei minuti arrivava a lambire esattamente le sessanta stanghette, mentre il bastoncino dei secondi arrivava fino in fondo al quadrante. Concettualmente il quadrante “interno” era quello delle ore, con la sua lancetta, mentre quello “esterno” era dei minuti e la lancetta dei secondi arriva a sfiorare l’anello interno. Ciò costituiva un ulteriore elemento di pulizia e chiarezza di lettura oraria. Di norma le lancette di ore e minuti erano in acciaio temprato blu. Nessuna ghiera rotante asserviva la circonferenza dell’orologio, lasciando a quasi tutto diametro il quadrante, con un sottile e pulito bezel fisso. Non c’era nessuna finestra con datario, allo scopo di minimizzare la complessità informativa del quadrante.
Tutti i B-Uhren avevano un meccanismo a carica manuale di dimensione, come si è scritto, importante e che comportava spessori complessivi compresi tra i 15mm (per l’orologio intero) del Wempe ed i ragguardevoli 21mm del Lacher&Co.
I fornitori della real casa
Solo cinque aziende hanno provvisto il personale della Luftwaffe di questi strumenti, dietro ordinazione del Reich.
A. Lange & Söhne produsse quasi settemila esemplari nell’arco di cinque anni (da settembre del ’40 all’aprile del ’45), basati sul calibro 48/1, anche terziarizzando l’assemblaggio (Huber a Monaco, Felsing a Berlino, Schieron a Stoccarda, Schätzle&Tschudin a Pforzheim, e Wempe, di cui si legge sotto, ad Amburgo); dal 1944 gli esemplari erano solo marcati “nhk” e non col nome del vero produttore per mitigare l’esposizione del marchio rispetto alla fornitura militare.
Anche Lacher & Co (La-Co, oggi Laco) li produsse ufficialmente fino al 1945, sfruttando il suo calibro Durowe D5.
Oltre a questi primi due, pienamente “Hergestellt in Deutschland“, c’era Storz Walter (Sto-Wa, oggi Stowa), che però usava una meccanica svizzera (l’Unitas 2812) e dovette interrompere la produzione a febbraio 1945 quando i bombardamenti degli inglese distrussero la fabbrica di Pforzheim.
La Wempe, oltre ad assemblare per la Adolph Lange, produsse una sessantina di flieger impiegando dei calibri svizzeri, non quelli Stowa bensì i Revue K 31. Sono molto ricercati per la loro rarità, ma come gli Stowa non si possono dirsi integralmente Made in Germany.
Infine l’ultimo fornitore fu IWC, che destinò ai B-Uhren un migliaio di calibri 52T-19”’ H6 S.C. (o 52SC per gli amici, ed in cui le due lettere stanno per gli hacking seconds centrali). Fatico terribilmente ad accettare nel novero questo produttore perché… svizzero. E non solo per quello, ma ci si torna dopo.
I flieger oggi
Ancora oggi vengono prodotti pilot e flieger vari, alcuni destinati genericamente ai piloti di aereo (cronometri o no) ed altri da navigatore, perciò veri&propri B-Uhren.
Il riferimento odierno per gli orologi da pilota tedeschi è quello del TEchnischer STAndard Fliegeruhren (TESTAF), che è stato recepito dal Deutschen Institut für Normung generando il DIN 8330 nella versione …-1 e …-2, dopo un coordinamento tra DIN e TESTAF, DNV, Lufthansa (cargo), Airbus (elicotteri), Laco, Stowa, Sinn, Glashütte Original e consulenti universitari vari.
I requisiti che deve avere un flieger sono quelli di rapida e chiara leggibilità del quadrante sia con la luce che al buio, la possibilità di operare anche con guanti da pilota e una precisione in intervalli di temperatura compresi tra –15°C e +55°C. Inoltre deve superare test di migliaia di cambi di pressione, per simulare gli stress da decolli e atterraggi, di tolleranza alle vibrazioni, impatti e forze centrifughe, e di resistenza agli agenti dei fluidi impiegati nella aviazione (olî, carburanti jet, chimici per de-icing…), agli sbalzi termici e ai campi magnetici e nessuna interferenza con gli strumenti di bordo. A completamento la chiusura del cinturino dev’essere tanto veloce da operare quanto sicura nel non sganciarsi.
I produttori tedeschi di flieger rimangono ad oggi svariati: Sinn, Glashütte Original, Mühle Glashütte, Damasko, Archimede, Tutima, Hanhart, Steinhart, Tourby, Junghans, Dekla per nominarne alcuni – oltre agli storici produttori di autentici Beobachtungsuhren: Laco, Stowa e Wempe.
Un bell’esempio di come possa essere un flieger del terzo millennio è il Sinn 857 UTV VFR. Rispetto alla tradizione sono davvero tante le differenze, pur restando un pilot tedesco (certificato!). Intanto nel quadrante vediamo molti elementi di disturbo: al centro la scritta del brand, addirittura il logo “DIN 8330” con tanto di aeroplano stilizzato e la marcatura “Made in Germany” a ore 6. Per di più gli indici orari hanno solo i quattro principali: 3, 6, 9 e, scandalosamente, il 12. Perciò niente freccia né dots. Funzionalmente c’è ad ore 4 la finestra con la data, e il quadrante interno batte le 24 ore ed ha una lancetta dedicata alla Universal Time Coordinated (UTC), per la gestione del fuso orario tanto quanto un Greenwich Mean Time (GMT); e come se non bastasse: il tutto è in arancione. Infine ha una ghiera rotante bidirezionale a 60 clic, assicurata da microviti e dotata di una lunetta (in alluminio purtroppo) con gli indici dei minuti, ed indicazione a numeri arabi delle decine di minuti. Per essere un GMT è comunque vero che resta di una facilità di lettura incredibile, ed è appunto un orologio da pilota di voli secondo le Visual Flight Rules (VFR) ossia, per esprimerla in modo banale, i voli basati non sugli strumenti (IFR) ma su quanto si desume dalla vista ambientale.
Cassa, fondello, corona e ghiera (ma non lunetta!) sono in Tegiment, ossia un acciaio trattato ed indurito in modo da raggiungere i 1.200 Vickers (per avere un riferimento: il titanio grado 5 è sui 350 Vickers ed i diamanti partono da 4.500 Vickers): il fatto che in fin dei conti sia acciaio sabbiato rispetterebbe comunque le prescrizioni RLM. La corona è però cilindrica, e protetta da due spallette della cassa. Questa, da 43mm, non reca nel fondello le incisioni previste, ma quelle generali dell’orologio. Tra esse c’è che è un 20ATM WR, insomma è un pilot che ha però una tenuta da diver (è DIN 8310). Ciò lo si deve sia alla corona avvitata, alle guarnizioni protettive e al fatto che sia provvisto di una valvola all’elio, per la deumidificazione. L’ETA 2893-2 mantiene la precisione in ambienti con temperature fredde fino a -45°C o calde +80°C ed è antimagnetico (DIN 8309). In breve è un orologio davvero “tosto”, e con una leggibilità invidiabile, forse anche per merito del cristallo zaffiro antiriflesso (interno ed esterno) molto vicino al quadrante, il che risulta in un’altezza complessiva ridotta (12mm) ed anche un peso contenuto (90gr) ma che non è assolutamente un Beobachtungsuhr.
Comunque sono diversi i produttori tedeschi che ripropongono a listino almeno un B-Uhr non dissimile da quello di ottanta anni fa. Questi sono accomunati da un quadrante di tipo A o B fedele agli originali (e fin qui è facile), ma divergono dalla tradizione ad esempio per i diametri perché molti li propongono dai 36mm ai 45mm (e fino ai canonici 55mm) o perché il movimento non è meccanico a carica manuale ma automatico.
Il più storico, emblematico e prestigioso di tutti, A.Lange&Söhne, non offre attualmente un B-Uhr. Wempe Glashütte si è ridotta più a distribuzione di orologeria svizzera (Patek Philippe e Rolex), ma ha ancora a listino oggetti quale l’Aviator. C’è il 41mm che di fatto è un Type-A con corona e cinturino fuori standard, senza rivetti, dotato di un calibro CW4 (ChronometerWerke Vier) con un’eccezionale riserva di carica da 92 ore. Stowa invece ha diversi classic flieger in portafoglio prodotti, sia Type-A che Type-B, e con casse fino a 43mm anche, fuori standard, in bronzo o più precisamente in CuSn8 cioè lega di bronzo basato su rame ed 8% di stagno (e non zinco, come era per le casse in ottone); attualmente vengono proposti con meccanismi a carica manuale Sellita SW215-1 oppure a carica automatica Sellita SW200.
Lascio fuori IWC. Non la considero proprio. L’ideologia non c’entra nulla, ma la coerenza sì: la “neutralità svizzera” permette di vendere flieger ai nazisti e pilot agli Alleati. Si fanno soldi da una parte e dall’altra, e questo lo trovo forse più meschino di essere schierati dalla parte sbagliata del tavolo. Personalmente ero innamorato di loro oggetti come il Portugieser o il Top Gun però, a costo di esser tacciato di stupido idealismo, mi resta insopportabile pensare di acquistare prodotti di un’azienda che lucrava fornendo equipaggiamenti ad eserciti contrapposti.
Il Laco Münster
Laco forse resta, dei cinque fornitori originali, quello che propone a prezzi accessibili i B-Uhren, nel solco della tradizione. Al momento offre casse comprese da 39mm ai tradizionali 55mm, sia in acciaio sabbiato sia in CuSn8 (come Stowa), sia erbstück (dovrebbe voler dire “cimelio” e diremmo “vintage” o più precisamente “anticato”). Come quadranti si hanno sia Type-A che Type-B e anche con la variante delle luminescenze a contrasto – ossia quadranti luminescenti e sfere / indici neri.
Il mio prediletto è il Münster, che però ha alcuni tratti che divergono dalla replica. Dimensionalmente è un 42mm in acciaio sabbiato: certo i 55mm (Replika) sarebbero stati in pura riproduzione e fedeltà storica, anche se l’uso pratico di portarseli al polso nudo (e non sopra a, che ne so, una manica di Schott) li rende poco fruibili nel mondo reale. Ci sono anche i 45mm (Westerland/Dortmund e Saarbrücken/Friedrichshafen) ma lievemente eccessivi per un polso medium, diciamo da 17cm, anche a causa di una caratteristica rimarcata oltre. I 39mm (Mülheim/Kempten e Heidelberg/Speyer) sono però troppo lontani da un concetto di “padellone” ad alta visibilità da distante, e perciò è più equilibrato ricadere su un intermedio 42mm (Memmingen/Leipzig e Münster/Paderborn/Venedig/Wien).

Un altro motivo per non esagerare con il diametro dell’orologio è che i Laco hanno le anse, da 20mm per il Münster, molto “dritte”, e si protendono parecchio discoste dalla cassa restando, se il polso non è “importante”, sollevate rispetto al dorso. I 55mm diventano così lunghi (lug to lug, dalla estremità dell’ansa alta a quella dell’ansa bassa) 6,50 cm. I 45mm misurano lug-to-lug 5,35cm, mentre i 42mm registrano un lug-to-lug da 50 mm. E anche il peso inevitabilmente, tra metallo e cristallo, si fa notare: il 55mm va oltre i due etti, il 45mm pesa 1,1 etti ed il 42mm è alla mia bilancia solo testina 75 grammi; gli altri pesi sono con cinturino incluso e considerando solo gli ultimi due automatici, perché il Replika, in quanto tale, è solo a carica manuale. L’altezza complessiva è 12,8mm al calibro, per il 42mm automatico .

Sui fondelli dei Laco Original è inciso che si tratta di Baobachtungsuhr come Bauart c’è genericamente l’indicazione di “Flieger”, è presente il Gerät-Nummer, come Werk-Nummer compare di nuovo un’indicazione generica del fatto che sia un movimento Laco (ma in quanto rielaborato, poiché in verità non pienamente in-house), l’Anforderz è diverso da quanto su bordo cassa, con “Fl.” scritto più tradizionalmente con la puntatura. L’Hersteller va da sé… Dalla parte opposta si trova un vetro in cristallo di zaffiro lievemente domed (bombato) e con rivestimento antiriflesso al suo interno – mentre avere l’antiriflesso anche all’esterno è un’opzione su richiesta. Allo stesso modo si può acquistare l’inversione della posizione della corona da ore 3 ad ore 9, per un uso mancino.
Tra le tante varietà proposte, per restare più vicini all’originale andrebbero forse eliminati i Blau Stunde, ossia quelli con quadrante blu, e quelli a luminosità a contrasto invertita, ossia Venedig e Wien. Le versioni erbstück sono belle quanto, sotto un certo aspetto, kitsch. Fermi sul classico Type-A rimane da stabilire se più fedele alla tradizione, con un calibro a carica manuale (Laco210, cioè versione rielaborata che ha per base un Sellita SW210-1) oppure a carica automatica (Laco24, cioè una rielaborazione di un ETA 2824.2). Per pigrizia credo preferibile quest’ultimo, anche perché la versione top grade è prossima alla accuratezza richiesta dall’RLM. Infatti le specifiche prevedono un errore di -0 secondi / +8 secondi al giorno calibrato su 5 posizioni e provvisto di rubini anziché pietre sintetiche. Oddio, otto secondi anziché sei, per di più tutti in un range di guadagno e non equilibrato ritardo/anticipo e regolato su cinque posizioni e non sei – ma meglio di nulla.
Non si è andati al risparmio con la quantità di materiale luminescente, che vede il classico Superluminova C3 in luogo del radio. In eccesso anche il WR-grade, cioè la resistenza all’acqua che, come scritto sopra, non è certamente essenziale in un pilot – mentre in questo caso, pur con un fondello a pressione ed una corona non avvitata, Laco garantisce una tenuta fino 10 ATM. La cassa dovrebbe anche, come previsto, rispettare almeno quanto previsto dal DIN 8309, tollerando 4.800 A/m di campo magnetico (stranamente però non ne ho trovato menzione ufficiale). Ciò anche in ordine al fatto che il top grade impiega una spirale Nivarox1, perciò in lega di ferro, nickel, cromo, titanio e berillio, anti-magnetica. La resistenza ai colpi è affidata ad un classico sistema shock protection Incabloc.
In definitiva ad un costo tutto sommato accettabile si può ambire ad indossare un orologio di grandissima tradizione, che soprattutto svolge il suo ruolo di solo-tempo con una formula essenziale, elegante e di estrema funzionalità. Leggibilità, resistenza, accuratezza sono valori facilmente riconoscibili in questo oggetto anche se non si è arruolati per una missione ad alta quota ma nell’uso quotidiano e sentendo in qualche modo di portare a spasso un pezzo di storia.
Il caso Dekla
A distanza di qualche settimana aggiungo questo argomento, dedicato all’ultimo dei marchi citati ne “I flieger oggi”, ovvero Dekla. È un boutique brand (o micro-brand che dir si voglia) recente che mette in cima due caratteristiche: la personalizzazione e l’amor patrio. Sotto questo aspetto è importante sottolineare che è vero che ricorre a meccanismi svizzeri (per lo più ETA o Sellita), ma orgogliosamente costruisce in casa sia le lancette che la fibbia, che i quadranti, che la cassa stessa. Se solo avesse un calibro proprio (che immagino sarebbe economicamente insensato, vista la pochezza dei volumi ed il listino molto contenuto) sarebbe davvero tutto in house ed Hergestellt in Deutschland. La cassa viene affidata ad un fornitore esterno, ma tedesco, solo nel caso di trattamenti superficiali specifici. Com’è per la versione 6Steel: si parte dalla cassa lavorata al CNC in casa, tornita da un blocco di banale acciaio AISI 316L, cioè indicativamente due terzi di ferro più un cocktail di 17.50% di cromo, 10.50% di nichel, 2.12% di molibdeno, 2.00% di manganese, 1.00% di silicio, 0.11% di azoto, 0.04% di fosforo e solo 0.03% di carbonio, da cui la “L” di Low-carbon; poi la si scalda più volte per più ore in un ambiente saturo di vapori di carbonio finché non si deposita uno strato di almeno 30µm di carbonio in infusione superficiale; infine lo plastifica sotto vuoto per maggior protezione dalla corrosione. Quello che ne risulta è una cassa della durezza di 1.300 Hv – e siccome l’acciaio è 217 Hv… moltiplicato per sei fa 1.300 …6steel! Giusto per avere un riferimento di lusso, l’acciaio abitualmente impiegato da Rolex (detto OysterSteel) è un AISI 901L, perciò approssimativamente da 150 Hv. Per quanto al livello di personalizzazione all’ordine si può scegliere, oltre ovviamente a diametro del quadrante e se Type-A o Type-B: materiale della cassa, finitura della lunetta fissa, finitura della corona e scelta se a destra o per mancini, antiriflesso del cristallo, fondello, tipo di movimento, combinazione cromatica e di luminosità del quadrante, lancette, se con o senza logo, se con una scritta personalizzata sul quadrante, con o senza incisione “FL…”, cinturino… Alla fine il cliente può sbizzarrirsi in parecchie varianti, e anche Laco ha seguito questa strada con il Flieger Pro (modelli Stuttgart o Karlsruhe).
A far coppia con un Laco Münster è andato un “typeB_42”, quindi altrettanto un 42mm ma col quadrante Type B e non A e la cassa in 6Steel e non in acciaio sabbiato. Le anse, da 22mm non solo sono più larghe che sul Münster, ma sono anche lievemente più curvate. Lug-to-lug è 49,7mm al mio calibro. L’altezza complessiva è 12,6mm, simile all’analogo Laco. Il peso solo orologio solo testina è 82 grammi.

Sul fondello sta l’incisone “Baobachtungsuhr“; Bauart, sottolineato, ha un’interpretazione diversa, ossia non di “Flieger” ma di “AUTOMATIK”; il Gerät-Nummer è sempre quello d’ufficio “127-560” e qui c’è un vero Werk-Nummer (“H 0098”) a differenza del Münster che riportava Werk-Bez., cioè il costruttore del movimento, “LACO”; l’Anforderz è il classico “FL 23883”; necessariamente l’Hersteller è Dekla … Il rovescio del fondello c’è sempre un vetro in cristallo di zaffiro lievemente domed e antiriflesso lato interno.
Passando alla sostanza al cuore non pulsa una ETA 2824.2 top grade, bensì un Sellita SW300-1 top perciò patente potenziali -4 secondi / +4 secondi al giorno.
Il materiale luminescente è un Superluminova ma BGW9 e non C3, e quindi dovrebbe essere più azzurrino che verdino (al buio) e più bianco che verdino (alla luce), inoltre è più brillante nella penombra ma meno al buio pesto.

Il WR-grade, nominale è 10 ATM, ma il produttore mi ha scritto che è testato senza problemi fino a 20 ATM.
Un Dekla Pilot 42 configurato come sopra, finito e recapitato, è circa un -12% più economico del Laco. Vale di meno? No, direi abbastanza certamente di no. C’è stato un problema di attesa nella consegna semmai: Laco ha consegnato in quattro giorni, mentre per il Dekla ho atteso (complici anche le feste natalizie) 72 giorni dal pagamento. Il fatto è che la produzione Dekla è completamente artigianale e su commessa, mentre quella Laco è sicuramente più industrializzata e standardizzata. Quest’ultimo è però anche un marchio più riconoscibile, e se si guarda alla rivendibilità quel decimo in più di costo penso verrebbe ripagato. Il Dekla è comunque un segnatempo ben realizzato, preciso, accurato e abbastanza fedele all’archetipo, oltre ad offrire un’elevata possibilità di personalizzazione.