Twitter. Ammetto di esserci approdato in tarda età. Mio fratello, sempre à la page quando si viene all’hi-tech, lo usa da tempo.
Followa (*) da molto tempo i grandi del golf – e per anni mi sono interrogato sul senso di interessarsi al pensiero di questa o quell’altra persona. Invece oggi il microblogging mi affascina un sacco. Sia sotto l’aspetto del fenomeno editoriale (content from the bottom), sia per l’aspetto di mélange fra blog, FaceBook (che invece persisto nel rifuggire), instant messenger e altri media (Instagram / Flickr, YouTube / Vimeo, SoundCloud &c).
Trovo Twitter detestabile solo a causa di chi lo interpreta come enorme chat room, come un social allo stato brado, quasi sempre cavalcando o addirittura lanciando TrendingTopics di basso cabotaggio, o per chi over-twitta o chi si impegna nel following-trade, spesso con la più o meno recondita speranza di diventare twit-star (**). Ma basta tenersi in disparte da questi fenomeni, e si fila via lisci.
Al contrario di chi desidera ampliare ad n la propria platea (con tipicamente n>999), e per farlo segue l’elementare strategia di followare n+1 accounts con l’auspicio di back-following, mi sforzo di tenere basso il numero di accounts che followo. Perché, come da mia tipica patologia ossessiva e molto anale, DEBBO leggere tutta la TimeLine. Quando, in lassi di molte ore in cui non mi collego, leggo “load more tweets?” già m’incazzo, perché È OVVIO che voglia! E per poter leggere tutta la TimeLine debbo tenere la porta chiusa agli over-twitter e limitare quanti followo. Da qui un’intensa opera di selezione e scrematura.
In tanti casi soffricchio quando mi tocca followare “cose” anziché “persone”, ed a causa di questa promiscuità qui su ho usato il termine neutro di account. Infatti followerei di più Stefano Folli, Fabrizio Galimberti, Giacomo Vaciago, Giangiacomo Nardozzi piuttosto che followare l’account de IlSole24Ore.
E siamo venuti all’assenza di uccellini – qui intesi con rigorosa limitazione a soggetti cinguettanti su Twitter. Sì, perché queste firme clamorosamente mancano su Twitter. Niente Folli, niente Galimberti, niente Vaciago, niente Nardozzi così come niente Milena Gabanelli, Corrado Augias o Oscar Giannino. Riguardo a quest’ultimo, è vero, c’è da segnalare l’account di ChicagoBlog, ma l’è minga ‘i stess!: te sei interessato a Christine Lagarde (che difatti followo), mica all’FMI (che, sempre difatti, non followo).
Come certe firme mancano anche delle penne che followerei con piacere: niente Paul Auster, niente Ali Smith, niente Tibor Fisher, niente Glen Duncan. Ok, ho trovato Lansdale e Fforde, e per Auster ne fa le veci la figlia Sophie. Anche considerando che c’è chi ha account palesemente “managed” ad esempio, e purtroppo, Mark Haddon. Followare un managed account (prassi che mi pare abbastanza in valsa fra sportivi, politici e cosiddetti “personaggi dello spettacolo”) mi sembra come il parlare con una segreteria telefonica, e credere di stare dialogando amabilmente con un essere senziente – una specie di test di Turing à rebours. O, peggio mi sento, ci sono gli accounts gestiti da fans e i fastidiosissimi fakes.
Al momento mi irrita, e procedo in ordine sparso, anche l’assenza di Nanni Moretti (sto surrogando con SacherDistribuzione, ma è come preparare una sachertorte con aspartame e carruba in vece di cioccolato fondente e zucchero: Moretti lo accetterebbe?), di Corrado Guzzanti, di Vittorio Gregotti o di Roger Penrose (in compenso followo Stephen Wolfram, che è già qualcosa). Gli ultimi due per altro farebbero bene ad affrettarsi ad aprire un account di Twitter, visto che hanno entrambi superato il traguardo degli 80 anni e non è che puoi vivere in eterno né [immagino] twittare dall’aldilà – entrambi pratiche che, se possibili, sarebbero già state patentate da Steve Jobs.
Insomma, quando cominci ad assuefarti a Twitter di pari passo inizi a PRETENDERE che chi vorresti followare abbia un account. Anzi, già che ci siamo: ehi tu che stai leggendo, fammi un bel favore: se qualcuno dei summenzionati dovesse aprire un account (o già l’avesse, e fossi tonno io nel non trovarlo) segnalamelo qui!
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(*) Followare. Fa meno stalker e meno pecora belante di “seguire”. Ma è uno di quei neologismi di cui farei tanto a meno. Anche se, una volta coniugato, lascia in bocca sapori esotici, di quelle parole tipo “Chewbacca”. “Eh, perché da quando loro mi hanno followata…”: capite cosa intendo? Sì, è un’italianizzazione che fa non poco ribrezzo, ma con devozione al kitsch e a Von Masoch mi ostinerò a ricorrere a questo verbo tutte le volte che posso.
(**) Progetti ed ambizioni forse fini a sé stessi, forse assimilabili all’appagamento da achievement-unlocking, o magari passi intermedi per arrivare alla dominazione totale delle masse. Chissà…